Alcuni propagandisti del nucleare passano il tempo a inventarsi bufale sul “consumo di suolo” di eolico e solare a terra.
È il refrain dei “due Molise di pannelli”.
Il livello di manipolazione dell’opinione pubblica che costoro commettono raggiunge livelli osceni. Costoro diffondono grafici come quello seguente, che, come vedremo, si meritano una categoria a sé, quella dei disinfo-grafici.
Questi disinfo-grafici sono elaborati partendo da figure del sito web di TERNA.
Ma le figure originali TERNA non rappresentano l’uso del suolo di eolico e solare!
I grafici a torta lì rappresentati si riferiscono alla ripartizione delle potenze delle richieste di allacciamento alla rete elettrica.
Spacciare quei grafici a torta per “aree” quando sono invece delle visualizzazioni del riparto di “potenze” è una infima manipolazione.
Ma c’è molto altro da dire su questo disinfo-grafico.
Notate come nel disinfo-grafico sia stata aggiunta una didascalia con lo schema dei colori dell’immagine originale di TERNA. Questa didascalia fa intendere il falso, ovvero, che quei grafici si riferiscano ad aree e, che siano dati ufficiali.
Ma non solo quella didascalia è manipolativa, è anche tecnicamente sbagliata.
Il coefficiente di uso (“uso”, non “consumo”) del suolo del solare implicito nella didascalia è pari a 1,95 ha/MW.
Questo coefficiente è obsoleto, si riferisce a impianti di decenni fa, quando le efficienze dei pannelli erano molto inferiori a quelle attuali.
Inoltre, per scenari al 2050, bisognerebbe considerare efficienze prospettiche, dato che il fotovoltaico ha dimostrato di migliorare ogni anno ed è lontano ancora dal limite teorico di efficienza massima. Un coefficiente, conservativo, per gli scenari del solare a terra è 1,22 ha/MW, una differenza del 60% rispetto a quello utilizzato nella didascalia del disinfo-grafico.
Prendendo ad esempio la Sicilia, e assumendo, ipotesi di caso limite, che tutte le richieste di connessione del solare vengano realizzate, e che tutto il solare sia solare a terra, ovvero che 41 GW di solare sia realizzato a terra in Sicilia, le aree richieste sarebbero pari a 50 mila ettari, e non 80 mila come indicato nella didascalia del disinfo-grafico.
Ma, soprattutto, quando si visualizzano correttamente e in scala le aree, la figura risultante è la seguente. Come è evidente, si tratta di una visualizzazione molto diversa da quella allarmistica dei disinfo-grafici nuclearisti.
Al riguardo delle superfici dell’eolico, come spiegato in questo post, è un errore metodologico indicare come “consumo di suolo” quello che è invece soltanto spaziatura tra turbine. È vero che la spaziatura tra turbine è un requisito tecnico, e che quindi va considerata per la pianificazione territoriale. Ma come esiste la spaziatura tra turbine eoliche, dove per esempio si coltiva e si fa pastorizia, così esiste la spaziatura richiesta dalla pianificazione di emergenza di un impianto nucleare.
Anche in quell’area sono consentite, in funzionamento normale, molte attività antropiche, ma dei vincoli comunque sussistono come:
Evitare la costruzione di nuovi significativi insediamenti abitativi.
Preparare gli agricoltori e allevatori alla gestione delle emergenze, che possono comportare il divieto di commercializzazione dei prodotti.
Preparare i residenti a gestire le emergenze come, per esempio: assumere pastiglie di iodio per i bambini, evitare l’esposizione agli agenti atmosferici, evacuare la zona contaminata, etc.
Questi vincoli del nucleare sono sicuramente gestibili, come peraltro lo sono quelli derivanti dalla distribuzione territoriale delle turbine eoliche. Tenendo conto delle aree di spaziatura, con vincoli crescenti fino a 20 km dalla centrale, queste aree vincolate per unità di energia prodotta dal nucleare non sono inferiori a quelle richieste dalla spaziatura dell’eolico.
Un esempio per la Sicilia è riportato nella figura seguente, sempre facendo riferimento al totale delle richieste di allacciamento alla rete elettrica di solare ed eolico, ovvero 41 GW di solare a terra e 18 GW di eolico. La produzione annua di queste potenze di eolico e solare richiederebbe alternativamente circa 16 GW di nucleare. È vero che il nucleare nel suo ruolo di fonte per il carico base non avrebbe bisogno di accumuli, mentre eolico e solare per svolgere un ruolo analogo invece necessiterebbero di altre tecnologie. Ma quando i dimensionamenti delle rinnovabili sono effettuati con metodi di ottimizzazione stato dell’arte, e non con calcoletti semplicistici tipicamente impiegati dai nuclearisti, la differenza tra la produzione delle rinnovabili e quella nucleare per lo stesso ruolo di potenza di base è solo del 21%. Ovvero, invece che 16 GW sarebbero sufficienti 13,2 GW di nucleare per produrre lo stesso servizio di 41 GW di solare a terra e 18 GW di eolico.
In astratto, tutta questa potenza nucleare potrebbe essere concentrata in un unico sito, ma i rischi di un incidente a catena, che partendo da un reattore si estenda agli altri, renderebbe praticamente impossibile l’autorizzazione di una tale centrale. Più plausibile la ripartizione di quella potenza su quattro siti da 3,3 GW l’uno, ovvero due o tre reattori per sito, a secondo della taglia del reattore scelto.
La figura seguente riporta le aree di spaziatura (aree di pianificazione d’emergenza) dei quattro siti nucleari, l’area di spaziatura dei 18 GW di eolico e l’area di 41 GW di solare a terra.
L’ingombro visivo del nucleare sarebbe senz’altro minore di quello dell’eolico o del solare. Ma l’ingombro spaziale del nucleare, quando si considerano tutti i vincoli, inclusi quelli di spaziatura e altri, a monte e a valle, invece no, non è inferiore alla spaziatura dell’eolico, come si può apprezzare dalla figura precedente.
Stranamente, in questa comunicazione allarmistica sul suolo per l’eolico e il solare non viene mai menzionato uno dei fardelli multi-generazionali del nucleare: il limite all’utilizzo umano di vasti territori per contaminazioni da incidenti. Le aree evacuate in seguito agli incidenti di Chernobyl e Fukushima ammontano a 5000 km2, poco più del Molise. Un curioso lapsus per questo riferimento geografico, tanto caro ai nuclearisti.
Ogni qualvolta si menziona “Chernobyl” o “Fukushima” arrivano a frotte i soliti semplicisti dell’atomo, pronti a negare quei disastri o a dichiararne l’irripetibilità.
Agli smemorati ricordo nel seguito alcuni fatti.
Nel 1983, pochi anni prima dell’incidente di Chernobyl, il responsabile della sicurezza dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, Semenov, dichiarava, sul bollettino della stessa Agenzia, che per un reattore del tipo di Chernobyl, RBMK, fosse “praticamente impossibile” che si avesse un incidente grave (nella figura seguente un estratto di quell’infausto articolo, che, curiosamente, non compare nell’elenco di quelli consultabili quando si apre il numero 2 del volume 25 del bollettino IAEA, ma che comunque è ancora visionabile a questo link).
Anche per Fukushima, pre-incidente, si asseriva che questo rischio fosse dell’ordine di un evento ogni dieci milioni di anni di funzionamento di quel tipo di reattore. Queste “stime” portarono alla sottovalutazione del rischio.
I soli costi di messa in sicurezza del sito di Fukushima potrebbero essere nell’intervallo 470—660 miliardi di dollari (fonte).
Danni comunque contenuti rispetto al disastro maggiore sfiorato, che avrebbe comportato l’evacuazione di Tokyo.
Quando post-Fukushima anche in Francia si è preso seriamente in considerazione il caso peggiore di un incidente, non più relegato nello statisticamente impossibile, l’Istituto per la Radioprotezione e la Sicurezza Nucleare di quel paese ha prodotto questo rapporto. In sintesi, un incidente catastrofico in Francia potrebbe causare danni pari a 450 miliardi di euro (si veda tabella seguente), stima centrale nell’intervallo tra 200 e 1000 miliardi di euro.
Inoltre, sempre dal precedente rapporto dell’IRSN francese, le aree contaminate sarebbero pari a 18800 km^2, più una zona di esclusione di 1300 km^2 (e questo è il caso mediano, non massimo).
Come aiuto alla visualizzazione, agevolo figura dove i 18800 km^2 sono riportati in scala rispetto all’Italia (scaramanticamente posizionati in mare), mentre i 1300 km^2 della zona d’esclusione equivalgono ad uno dei cerchi precedentemente indicati come spaziatura di una centrale, con raggio di circa 20 km.
Va però aggiunto che le aree di contaminazione non seguono usualmente una geometria semplice come quella circolare, ma erratica, come da esempio seguente, e che quindi le contaminazioni possono avvenire, in caso di incidente catastrofico, anche a distanze maggiori di quel raggio della figura precedente.
A richiesta potrei continuare….
Buongiorno professore. Io sono a favore del nucleare ma sono a favore anche delle rinnovabili. Penso che serva ogni arma per combattere il cambiamento climatico. Detto questo la ringrazio per demistificare gli errori nella comunicazione sul nucleare che trovo assurda. Se uno é convinto della sua idea non dovrebbe utilizzare argomenti sbagliati per perorare la sua causa.
Invece trovo assurdo che non si riesca a trovare un punto di comunicazione tra le due visioni. Il nucleare non esclude le rinnovabili e viceversa. Inoltre manca un dibattito serio su questo tema in cui esperti nei due campi dialoghino senza preconcetti per trovare una soluzione di mediazione. Io spero in questo dibattito perché nessuno delle due visioni cioè full nucleare e full FER mi convince e se uno dei due ha sbagliato il disastro sarà totale ma se utilizziamo le due tecnologie mitighiamo i rischi ( come si fa quando si fanno investimenti in borsa)
Io continuerò a leggerla sempre con attenzione e piacere.
Saluti
Buongiorno, dato per scontato che sono d'accordo con lei su ogni campo (e non capisco l'opposizione dei nuclearisti alle rinnovabili, ma così è) secondo me lei non dovrebbe insistere sui possibili incidenti, perché loro potrebbero rispondere con la solita tiritera che Chernobyl è stato unerrore umano e Fukushima c'entrava lo tsunami, che in Italia non può avvenire (e in ogni caso i morti a Fukushima non sono stati causati dal nucleare. L'opposizione basata solo su considerazione economiche è già sufficiente, secondo me. Cosa ne dice?